UMBRIA JAZZ | Non solo Bob Dylan nel primo weekend del cinquantennale a Perugia

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foto di Riccardo Galeota

Ha inizio il 6 luglio la cinquantesima edizione del festival Jazz  più longevo ed importante d’Italia, Umbria Jazz; e si parte “con il botto”, perché a fare gli onori di casa c’è lo straordinario Bob Dylan che, all’Arena Santa Giuliana, regala al pubblico una emozionante ed unica serata.
Il suo è un concerto phone-free: per accedervi, infatti, gli spettatori hanno dovuto fare a meno della tecnologia degli smartphone, non ci sono fotografi e neanche le telecamere per trasmettere la diretta dello spettacolo sui maxi schermi.
Avvolgenti luci rosse, alternate a brevi momenti di buio, hanno contornato l’impeccabile e coinvolgente performance di un vero Mito di tutti i tempi.
Voce roca e profonda, Dylan siede al piano ed esegue diversi brani di seguito, senza dire nulla…una performance essenziale, in cui alterna ritmati blues ed intense e intimistiche ballad, che mettono via via in evidenza alcuni singoli strumenti: violino, campanelli, chitarra, armonica.
Complici silenzi ed emozionanti ovazioni della attenta platea tributano un meritatissimo omaggio ai brani tratti dal doppio album “Rough and Rowdy Days”.
Si susseguono, interpretati in maniera originale ed inedita: Watching the River Flow, Most Likely You Go Your Way and I’ll Go Mine, I Contain Multitudes,
False Prophet, When I Paint My Masterpiece, Black Rider, My Own Version of You, I’ll Be Your Baby Tonight, Crossing the Rubicon, To Be Alone With You, Key West (Philosopher Pirate), Gotta Serve Somebody, I’ve Made Up My Mind to Give Myself to You, Not Fade Away, Mother of Muses, Goodbye Jimmy Reed ed Every Grain of Sand.

In tre momenti, Dylan si ferma e ringrazia il pubblico, in italiano ed in inglese, per aver scelto di condividere con lui questa esperienza intimistica e particolare: si accomiata in musica, dopo 2 ore circa di continua ed adrenalinica attenzione, regalata al pubblico anche grazie all’assenza delle distrazioni connesse alla fruizione della tecnologia moderna.

Il weekend prosegue sabato 7 luglio con la marciante mattutina dei briosi Funk Off, che propongono al folto ed entusiasta pubblico presente un repertorio di brani tratti dai vari dischi della loro venticinquennale carriera: Shangai Tox, The Funking Been, Waking Up @ UJ e la sempre adrenalinica Uh, Yeah!, tanto per citarne alcuni.

Si cambia musica recandoci ai Giardini Carducci dove, ad ora di pranzo, applaudiamo il pianista americano Mitch Woods che, in modalità piano e voce, alterna classici del blues, del rock & roll, del Jive e del Boogie. Ottimo intrattenitore dalla voce calda, è stato spesso presente ad Umbria Jazz; riesce ad inchiodare in platea gli spettatori, nonostante la temperatura elevata della contr’ora.

Ci tratteniamo ai Giardini per ascoltare i Modalità Trio, alias Massimo Moriconi al contrabbasso, Nico Gori al clarinetto ed Ellade Bandini alla batteria. Un trio di eccelsi musicisti italiani, che, con classe e simpatia, spaziano dal groove allo swing, non mancando di dedicare un brano ai presenti, specialmente agli “eroi” appoggiati alla rovente transenna in metallo della prima fila!

Alle 15.30 la splendida Sala Podiani della Galleria Nazionale dell’ Umbria, allestita per l’occasione con i manifesti delle 50 edizioni del Festival, ci accoglie per assistere al concerto di Dado Moroni…un piano solo intimistico ed elegante che ci accarezza l’animo nel profondo…il suo repertorio propone pezzi di artisti come Monk ed alcune sue composizioni originali, delle quali non manca di raccontare simpatici aneddoti: Quiet Yesterday, scritta in un giorno di pioggia, è una ballad meravigliosa e soave lasciata dapprima senza titolo, perché l’ispirazione su come chiamarla, gli è arrivata soltanto il…giorno successivo!
Ed omaggia il blues, che è la musica con cui è cresciuto, con Black Forrest Blues, ispirata all’ omonima foresta dagli alberi verde scuro in Germania.
Conclude con First Time, da lui dedicata al figlio: ci racconta di averla composta dopo una sveglia alle 4.20 di notte per cambiargli il pannolino e la suona, simpaticamente, al pianoforte a coda con il coperchio chiuso!

Facciamo giusto in tempo a giungere al teatro Morlacchi dove il trombonista e cantante Mauro Ottolini propone un repertorio delle canzoni italiane dagli anni ’30 agli anni ’60, rivisitate in chiave jazz dalla sua coloratissima orchestra Ottovolante. Briosi e coinvolgenti, aprono con Mi va di cantare, interpretata da Louis Armstrong a Sanremo ’68.

Non mancano Buonasera Signorina di Buscaglione, La nebbia di Caterinetta ed il Maestro Barzizza e Grazie dei fiori della Pizzi, cantate da Vanessa Tagliabue Yorke.
Ed ancora: Musetto (La più bella sei tu) di Modugno, Ma dove vai, bellezza in bicicletta?, la notissima Grazie dei fiori, l’evergreen My love in Portofino e l’ammiccante Mambo Italiano.
Ci viene, inoltre, mostrato l’animo meno noto di Luigi Tenco, che era innanzitutto un sassofonista jazz, molto ironico e provocatore:  eseguono Quando, uno dei suoi primi successi.
Si prosegue con un omaggio a Gorni Kramer con la divertentissima Pippo non lo sa ed un altro a Carosone, con uno dei suoi brani più noti al mondo, Tu vuo’ fa’ l’Americano.
Si chiude con brio: 24mila baci di Celentano…bravi!

Non manchiamo di fare nuovamente un salto ai Giardini Carducci, dove un folto e divertito pubblico, composto anche da alcune coppie di ballerini di lindy hop, sta ballando sulle leggiadre note degli Sugarpie & The Candymen, un colorato e simpatico quintetto che propone brani pop e rock rivisitati in chiave swing, rock and roll e jazz manouche.

Un po’ di pausa e ci ritroviamo all’Arena Santa Giuliana per un doppio concerto: si inizia con uno strepitoso piano solo di Stefano Bollani. Scatenatissimo e simpatico, ci regala un repertorio variegato, che spazia dai classici del jazz alla musica carioca, a lui tanto gradita.
Bollani parla amabilmente con il pubblico, snocciola aneddoti e ci racconta la scaletta del concerto.

Non manca di duettare con la moglie Valentina Cenni: insieme eseguono Nun è peccato di Peppino di Capri.
Bollani ci fa poi ‘conoscere’ Oliver Ending, che è colui che scrive i finali più brevi dei brani musicali, mantenendo il discorso originale del compositore; e lo fa attraverso le sue versioni in pillole di Night in Tunisia di Dizzie Gillespie, In a sentimental mood di Duke Ellington ed Alla turca di Mozart.
Dedica al patron del festival Carlo Pagnotta, che ad agosto compie 90 anni, una sopraffina versione di All the things you are.
Esegue molti brani di sua composizione: Vale a Cuba, All’ inizio – tratto dal cd “Blooming”, dedicato alla fioritura – che è una melodia adatta al cortometraggio dedicato ad una bambina e realizzato dalla moglie.
Con Rainy Day Women omaggia Bob Dylan, cantandola simpaticamente, “facendogli un po’ il verso”.
Esegue poi La passerella, colonna sonora del film “8 ½” di Nino Rota e il tema principale del film “Il Pataffio” – colonna sonora da lui composta, che dura 3 ore, ossia più del film – e che ha vinto il David di Donatello.
Prosegue con brani di generi musicali diversissimi come Luglio agosto settembre nero degli Area e la Quinta sinfonia di Beethoven.
Racconta poi di aver acquistato, con i suoi primissimi risparmi, il disco “Papaveri e Papere” di Nilla Pizzi perché  sua mamma, che è transtonale, gliela cantava ogni sera in modo differente e lui era diventato curioso di sapere come effettivamente fosse la canzone originale. Si rese quindi conto di preferire di gran lunga la versione di sua madre, soprattutto perché era diversa ogni sera, appassionandosi così alla musica jazz, che si basa, appunto,  sull’improvvisazione.
Chiude il concerto con una trascinante Tico tico e tanti meritatissimi applausi.
Ricompare in scena con carta e penna, per eseguire un bis, a mó di medley, di brani a richiesta.
Zappa, Luttazzi, la Pantera rosa, Goldrake, I Flinstones, Crudelia de Mon, La gazza ladra, Roma non fa la stupida stasera e King Crimston sono state le prescelte: che risate!

Cambio palco per accogliere Kyle Eastwood, eccellente bassista e contrabbassista, nonché figlio del celebre attore americano Clint e la Umbria Jazz Orchestra e l’Orchestra da Camera di Perugia.
Il progetto che presentano è Eastwood Symphonic, un viaggio tra le colonne sonore dei film di cui il padre è stato attore o regista.
Si susseguono quindi riusciti ed applauditi omaggi a film come Mystic River, Million Dollar Baby, Gran Torino, Letters from Iwo Gima e Invictus.

La prima domenica festivaliera si apre con un pranzo alla Bottega del Vino, dove applaudiamo il collaudato e piacevolissimo trio di jazz manouche Accordi Disaccordi: Alessandro Di Virgilio, chitarra solista, Dario Berlucchi, chitarra ritmica e Dario Scopesi al contrabbasso.
Propongono, tra gli altri, alcuni brani originali del loro repertorio: Rubik – colonna sonora del film “Il Concerto Ritrovato” di Fabrizio De Andrè, Rue  De Midi – scritta nella piazza principale di Bruxelles -, Rosarubra e l’inedito Vicino Di Casa.

Alle 15.30 ci rechiamo alla Sala Podiani per ascoltare l’intimistico ed affiatato duo composto da Pietro Tonolo al sassofono e Giancarlo Bianchetti alla chitarra. Un delizioso concerto “in punta dei piedi” che mostra chiaramente la profonda intesa e conoscenza reciproca costruita, nel tempo, tra i due musicisti.

Alle 17 ci spostiamo al Teatro Morlacchi per apprezzare il nuovo progetto dedicato a Lawrence Ferlinghetti da Paolo Fresu. Con Dino Rubino al pianoforte, Marco Bardoscia al contrabbasso e Daniele Di Bonaventura al bandoneon, si delinea, sin dalle prime note, un vincente feeling  che mette in musica la poesia di una generazione di eccentrici visionari, al di fuori dalle regole.
Luci ed effetti spettacolari ci accompagnano in questo nostalgico percorso musicale, che sottolinea la perdita di un approccio visionario e poetico alla vita: attuali note ed immagini di allora si snodano tra i brani proposti: La Scena dei Macchinari, Tyrannus Mix di Fresu, Epominus Ephitaphicum di Bardoscia,  Un Vestido, Un Amor di Caetano Veloso e Highland Of The Mind.

Uno stacco per il riposo e la cena e ci rechiamo, verso circa mezzanotte, ad ascoltare la resident band di UJ 23 alla Taverna 36 Jazz Club. Seduti al tavolino in un ambiente accogliente, apprezziamo il programma proposto in Dear Dexter, omaggio al sassofonista tenore Dexter Gordon, icona del bebop.
Gli straordinari Daniele Scannapieco e Piero Odorici al sax tenore, Paolo Birro al pianoforte, Aldo Zunino al contrabbasso e Xavier Hellmeier alla batteria ci deliziano con le loro accattivanti note. E tiriamo fino ad ora davvero tarda, fermandoci anche ad ascoltare la successiva jam session con i giovani allievi delle clinics della Berklee School of Music che si stanno tenendo a Perugia durante il festival.