THE CHARLATANS: strani argonauti salpati dalla baia di San Francisco

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Pionieri inconsapevoli di un’era musicale assolutamente fantastica ed irripetibile, i Charlatans costituirono di fatto il punto post quem ebbe inizio l’intero fenomeno del cosiddetto San Francisco Sound. Quest’ultima sigla, infatti, racchiude in se’ i tratti fondamentali che negli anni Sessanta assunsero il folk-rock della West Coast e la musica psichedelica/acid-rock californiana. Non staremo qui a riesumare, in maniera prolissa, un passato attualmente ancora imprenscindibile, caratterizzato da grandi rivoluzioni espressive e sociali, liberta’ nei costumi, personaggi culturalmente bizzarri e iconoclasti, contornati da vesti multicolori e fragranti nubi allucinogene. Conviene solo ricordare che nello stesso periodo in cui valenti e gloriose formazioni muovevano i primi passi (leggi Great Society, Jefferson Airplane, Big Brother And The Holding Company, Warlocks, Grateful Dead, Quicksilver Messenger Service, Country Joe And The Fish, Spirit e via dicendo) i Charlatans potevano gia’ considerarsi artefici di uno stile tanto unico quanto coinvolgente, che di li’ a poco sarebbe stato preso come modello in tutta la Bay Area. Ma lasciamo i preamboli e veniamo ai dettagli. La band prende forma nel settembre del 1964, per iniziativa di George Hunter, un giovanotto che nel tentativo di emulare le gesta dei Beatles era fortemente deciso a farsi cantante. Al progetto sono invitati a prender parte alcuni suoi vecchi amici di scuola: Richard Olsen (basso), Mike Wilhelm (chitarra) e Sam Lind (batteria), quest’ultimo poi rimpiazzato dopo pochissimo tempo da Dan Hicks, un chitarrista che si vide costretto a passare dietro i tamburi e che tuttavia svolse la sua nuova mansione in modo assai egregio. Per far quadrare il tutto Hunter decide inoltre di allargare l’invito a tal Mike Ferguson, pianista dilettante ma soprattutto personaggio di spicco di una nuova ma ancora ristretta scena underground di San Francisco. Ferguson era, infatti, gestore di un rinomato head shop della citta’, in pratica un negozio d’antiquariato e rigatteria assai frequentato dalla gioventu’ del posto, che li’ poteva trovare per pochi spiccioli mercanzia varia, abiti stravaganti, ma piu’ d’ogni altra cosa, un vasto assortimento di articoli per fumatori.




La scelta si rivelo’ piu’ azzeccata che mai, visto che poi fu specialmente Ferguson ad organizzare e gestire l’immagine del gruppo, grazie al suo spiccato senso creativo ed imprenditoriale. La formazione si riuniva per le prime prove in un appartamento al numero 1090 di Page Street, nel leggendario quartiere di Haight Ashbury. Il locale sarebbe poi divenuto uno dei ritrovi storici della scena musicale californiana, inizialmente acquistato da Rod Albin e poi passato nelle mani di suo fratello maggiore, Peter Albin, cantante e bassista dei Big Brother, ossia la band che ebbe il merito di lanciare e accompagnare la straordinaria voce di Janis Joplin. Agli inizi i Charlatans si cimentavano con numeri di Chuck Berry e molti standard Rhythm And Blues quali “Got My Mojo Working”, “I Cant Quit You Baby” e “Spoonful”, passando via via a prender confidenza con quel repertorio folk-rock che in seguito costituira’ il loro inconfondibile marchio di fabbrica. Tuttavia destino volle che i Charlatans si affermassero inizialmente fuori della California, ottenendo un ingaggio di un paio di mesi al Red Dog Saloon di Virginia City, nel vicino stato del Nevada. Nata e sviluppatasi come fiorente e prospera sede d’industrie minerarie dedite all’estrazione di argento e oro, Virginia City soffri’, nei primi anni del Novecento, un vertiginoso calo demografico per la scarsita’ dell’occupazione e la chiusura di molte compagnie minerarie. Poi, contro ogni previsione, ebbe una netta ripresa agli inizi degli anni Sessanta, diventando inaspettatamente meta obbligata di frotte di turisti che li’ si recavano per filmare e fotografare i resti e le testimonianze storiche dei primi coloni d’America e delle centinaia di avventurieri contagiati dalla febbre dell’oro. In origine il manager del Red Dog Saloon era dell’idea di metter sotto contratto i Byrds di Roger McGuinn, ma dato che questi avevano subito trovato fama e popolarita’ grazie al singolo “Mr. Tambourine Man”, la sua scelta alternativa premio’ il fresco suono dei Charlatans. Per pubblicizzare il primo concerto del gruppo al Red Dog Saloon, Mike Ferguson concepi’ e disegno’ cosi’ quello che in genere si suppone sia stato il primo poster e manifesto psichedelico della storia del rock. Combinato in abiti degni dei piu’ caratteristici personaggi dipinti da Jack London nei suoi romanzi sul mito della prima febbre dell’oro, il quintetto seppe subito catalizzare l’attenzione generale dei sempre piu’ frequenti e numerosi avventori del locale. Il loro inusuale e stravolto folk-rock-blues divenne in breve una perfetta colonna sonora per i primi viaggiatori imbottiti d’acido che li’ si davano appuntamento e bivaccavano (tra questi anche il guru Ken Kesey) giungendo da Reno, San Francisco, Berkeley, Seattle e Los Angeles. In seguito i primi seri problemi di droga e l’effetto di disturbo provocato dal loro Psychedelic Rock ‘n’ Roll Show (frutto delle intuizioni sperimentali di Hunter e del tecnico delle luci Bill Ham) portano i componenti del gruppo a decidere per un immediato ritorno nella citta’ d’origine. Nell’andarsene i Charlatans agganciano al loro organico anche Lynne Hughes, cameriera del Red Dog promossa ora nuova voce femminile accanto al vocalist George Hunter. Nel settembre del 1965 i Charlatans provano senza fortuna un’audizione discografica con la Autumn Records e nel gennaio del 1966 esordiscono dal vivo al Family Dog di San Francisco. Poco dopo, tra l’aprile e il luglio dello stesso anno, il gruppo capitera’ spesso sul palco del leggendario Fillmore Auditorium, gestito dapprima da Chet Helmes e poi dal famosissimo impresario e produttore rock Bill Graham. È in questo periodo che i concerti del gruppo s’incrociano spesso con quelli dei vari Jefferson Airplane, Big Brother, Mystery Trend ed i Fugs di New York, accompagnati dai loro amici poeti Allen Ginsberg e Lawrence Ferlinghetti.











Il successo dei Charlatans cresce a dismisura e parallelamente anche l’interesse di numerose case discografiche. Dopo molte proposte la formazione stipula un contratto con la Kama Sutra, etichetta che godeva di una certa rinomanza per esser stata trampolino di lancio dei newyorkesi Lovin’ Spoonful. Entrati in studio per apprestare il materiale del loro primo album, i Charlatans ne escono con un master di sole nove tracce. Tra queste vi e’ la stupefacente cover di un originale della grande cantautrice pellerossa Buffy Sainte Marie intitolato “Codine”. I Charlatans vi facevano molto affidamento e volevano che diventasse il singolo da mettere sul mercato per promuovere l’album, ma proprio il brano in questione fu causa di rottura tra il gruppo e la casa discografica. Il testo della canzone metteva chiaramente in ballo la droga (la codeina e’ un alcaloide dell’oppio che pero’ non reca assuefazione) e poiche’ il 6 ottobre di quell’anno (il 1966) lo stato della California aveva bandito per legge l’uso e la detenzione di LSD, i tipi della Kama Sutra non vollero rischiare piu’ di tanto: scaricarono la band e bloccarono la stampa dell’album. Il fatto paradossale e’ che pur avendo come tema la droga, in maniera ambigua “Codine” ne condannava l’uso piuttosto che incentivarlo. La rescissione del contratto causo’ inevitabilmente forti ripercussioni negative all’interno del gruppo. Mike Ferguson ritorno’ al suo negozio d’antiquariato recuperando occasionalmente l’impegno musicale con i Tongue And Groove. A sostituirlo fu Patrick Bogerty mentre Dan Hicks abbandono’ le bacchette per concentrarsi sulla chitarra ritmica. Il nuovo batterista giunse nella persona di Terry Wilson, che in precedenza aveva militato in un’ignota formazione denominata Orkustra. Numerosi concerti, buoni o pessimi a seconda dell’umore dei musicisti, riportano la band a contatto con il pubblico, ma la convinzione e’ poca, ragion per cui Hicks, Bogerty e Hunter tirano definitivamente i remi in barca abbandonando il progetto. Dan Hicks fonda gli Hot Licks mentre George Hunter apre la prestigiosa Globe Propaganda, agenzia di grafica pubblicitaria famosa per aver dato alla storia dell’arte rock le copertine pittoriche degli album Happy Trails e It’s A Beautiful Day. I tre rimasti dei Charlatans (Olsen, Wilhelm e Wilson) decidono comunque di continuare l’avventura reclutando l’organista Darryl De Vore. Nell’agosto del 1968 il gruppo suono’ al Fillmore West per presentare l’uscita del primo album ufficiale The Charlatans, un agognato traguardo raggiunto mediante un nuovo contratto siglato con i tipi della Philips. L’ultima apparizione in pubblico dei Charlatans risale invece al 1 giugno 1969, sempre presso il Fillmore West di San Francisco, dopodiche’ il gruppo cessa definitivamente di esistere. Tuttavia Richard Olsen e Mike Wilhelm continuarono a esibirsi spesso dal vivo nell’area di San Fancisco, avendo formato un nuovo gruppo chiamato Loose Gravel. Poi Wilhelm parti’ alla volta dell’Inghilterra, dove nel 1979 licenzio’ un album solista omonimo per conto della Zig Zag Records. Successivante torno’ in patria per sperimentare nuove elettrizzanti emozioni tra le fila dei Flamin’ Groovies di Cyril Jordan.



Il caso Charlatans, che sembrava ormai del tutto archiviato, si riapre invece nel 1979 grazie all’intervento lungimirante della Groucho Records (mitica label specializzata in ristampe tarocche su vinile) che pubblica, per la gioia degli appassionati e dei collezionisti irriducibili, alcune copie numerate del primo album censurato e rifiutato a suo tempo dalla Kama Sutra. Alabama Bound e’ un autentico scrigno contenente perle preziose quali la chiacchierata “Codine”, suonata con piglio acido e qualche richiamo agli Animals (ancor migliore e’ la seconda versione denominata “Codine Blues”), il pezzo che intitola la raccolta, ossia un traditional riarrangiato con squisito gusto di frontiera, la delicata ballad “I Saw Her” le armonie country-roots di “Side Track” e “I’d Rather Be The Devil”, nelle qualli e’ possibile ascoltare Lynne Hughes in veste solista. Per il resto i Charlatans mostrano la loro dimestichezza nel condire con nuove spezie l’abusato repertorio Rhythm And Blues grazie a numeri riusciti come “The Shadow Knows”, “32-20”, “Baby Won’t You Tell Me”, “Long Come A Viper” e soprattutto “By Cook Or By Crook”. Un mirabile album-manifesto di folk-rock e rurale essenza lisergica e’ invece The Charlatans, uscito come un drop out in pieno clima psichedelico ad opera di quattro musicisti gia’ sufficientemente smaliziati da firmare personalmente ben nove degli undici pezzi presenti nella raccolta. Inspiegabilmente la maggior parte dei critici e degli esperti pone questo lavoro su un gradino piu’ basso rispetto ad Alabama Bound, mentre per il sottoscritto e’ proprio con quest’opera che i Charlatans danno conferma non solo della loro brillante evoluzione creativa, ma anche del raggiungimento di uno stile (tutto giocato sugli effetti della chitarra) che in seguito sara’ il punto di forza (dilatato ed esaperato) dei Grateful Dead di Jerry Garcia. Nel complesso il disco e’ anche molto piacevole, ben costruito su un magico equilibrio tra folk (lo squisito riarrangiamento di “Folsom Prison Blues” di Johnny Cash e la ripresa del cavallo di battaglia “Alabama Bound”), rock (appena inzuppato di country quello di “Wabash Cannonball”), psichedelia (sia energica che romantica, come nei brani “Easy When I’m Dead”, “Ain’t Got The Time”, “Time Get Straight” e Doubtful Waltz”) e sorprendenti costruzioni pop-blues, come nel caso di “The Blues Ain’t Nothin”, When I Go Sailin’ By” oppure “When The Movies Are Over” (dove troviamo una strizzatina d’occhio alla popedelia progressiva dei britannici Move e Tomorrow). L’intero materiale inciso dal gruppo (versioni in studio, demo, estratti dal vivo, inediti) e’ ancora facilmente rinvenibile su CD e comunque questo e’ quanto conta sapere dei Charlatans, a loro modo protagonisti di un capitolo di storia del rock che con un grado di determinazione in piu’ e qualche pastiglia di LSD in meno avrebbero potuto rendere addirittura memorabile.

























DISCOGRAFIA





The Charlatans (LP, Philips,1969)



Alabama Bound (LP, Eva,1983 – contiene le registrazioni Kama Sutra del 1966 ed un brano inedito dal vivo del 1969)



First Album / Alabama Bound (CD, Eva,1992 – ristampa dei primi due album)



The Amazing Charlatans (CD, Big Beat,1996 – antologia con demo e quattro brani inediti)