SLOWDIVE
Everything Is Alive
Dead Oceans Records
2023
Per rendersene conto basta ascoltare con attenzione queste otto nuove lezioni, anzi, variazioni sul genere. L’impegno è tuttavia meno difficoltoso di quel che sembri, perchè se lo si paragona a tutti i lavori dispensati e centellinati in trentatré anni di carriera, “Everything Is Alive” è forse il più accessibile e lineare realizzato dal quintetto di Reading.
Attenzione, però: definirlo accessibile non signica affatto etichettarlo come facile e immediato. Tutt’altro. Possiamo invece constatare come la maniacale cura dei dettagli e lo spirito di ricerca, da sempre elementi peculiari del gruppo, trovino qui una forza inedita nel fare breccia e catturare l’attenzione, in virtù soprattutto di un più marcato e ampio utilizzo della componente elettronica, a sua volta conseguenza dell’intenzione iniziale di Halstead di dare a questo materiale una veste esclusivamente minimal-techno, forse anche coltivando l’idea di riuscire meglio lì dove il controverso “Pygmalion” aveva in qualche modo fallito.
In buona sostanza, la complementare parità di spazio e azione riservata sia agli strumenti elettrici che a quelli elettronici rappresenta, in questa circostanza, la principale novità (strategica e vincente) rispetto al passato. L’impiego di tastiere, loop ed altri effetti analogici e digitali costituisce, infatti, il vero filo rosso che lega tra loro le otto tracce; un fattore che ribalta e ravviva con obliqui colori dream pop la sfuggente ma gloriosa ricetta shoegaze della band, tradizionalmente ancorata ai mirabolanti intrecci-fraseggi, ai dilatatati riverberi e ai diafani giochi armonici condotti da Neil Halstead e Christian Savill sulle corde delle loro rispettive chitarre.
In tal modo brani quali Shanty, Andalucia Plays, Skin In The Game e Kisses, dalle armonie vocali suggestive e balsamiche, umoralmente divisi tra estasi e melanconia, beneficiano di un dinamismo melodicamente soave e avvolgente, che se nel precendente album omonimo usciva dal sentiero con il chitarrismo più spinto e incalzante di Star Roving, qui replica un simile incidente e cambio di passo con il pulsante crescendo tridimensionale della conclusiva The Slab.
Dal canto loro, sia accoppiate che separate, le voci analgesiche di Rachel Goswell e Neil Halstead riescono a trasmettere tutta la profondità e la valenza simbolica di testi ovunque brevi ma sovente caratterizzati da una certa indecifrabilità. In fin dei conti la stessa essenzialità dei testi investe anche il lato squisitamente sonoro dei brani, nel complesso tutti elementari e tuttavia capaci di imbrigliare il piacere dell’ascolto dentro un dedalo di suggestioni, azzardi e rimandi. E così se da un lato l’irresistibile gancio melodico di Alife accosta i New Order alle chitarre dei Church, dall’altro la strumentale Prayer Remembered inocula nella sua immaginifica aura sospesa l’ambient dei Labradford insieme al post-rock più quieto dei Mogwai e degli ultimi Explosions In The Sky.
Faccenda singolare è, al contrario, quella di Chained To A Cloud, che forte del suo “dream pop” ad alto tasso cinematico replica, in modo clamoroso, i Beach House di “Once Twice Melody”. Gli allievi che ispirano e superano i maestri? Non direi. Con quel disco il duo di Baltimora aveva svolto un compito al limite dell’eccellenza grazie a diciotto pezzi per la durata di ottanta minuti e rotti. In questo, invece, agli Slowdive ne sono occorsi appena otto e la metà del tempo per superarlo e ottenere lo stesso risultato.
Voto: 8/10
Genere: Alternative Rock / Electronic / Dream Pop
Musicisti:
Rachel Goswell – vocals, keyboards
Neil Halstead – vocals, guitar, keyboards, electronics
Christian Savill – guitar
Nick Chaplin – bass
Simon Scott – drums, electronics
Tracklist:
01. Shanty
02. Prayer Remembered
03. Alife
04. Andalucia Plays
05. Kisses
06. Skin In The Game
07. Chained To A Cloud
08. The Slab
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