Pietro Mazzone, Autore presso Sound Contest https://www.soundcontest.com/author/25354rtrh/ Musica e altri linguaggi Wed, 06 Dec 2023 13:37:14 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.1 URBAN QUARTET feat. MAX IONATA | Sofà https://www.soundcontest.com/urban-quartet-feat-max-ionata-sofa/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=urban-quartet-feat-max-ionata-sofa Wed, 06 Dec 2023 12:16:56 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=63077 Album delizioso. Riuscitissimi il titolo (complessivo e del brano d’apertura) a suggerire un jazz rilassato, da club, con un’energia che rimanda a stagioni intramontabili del quartetto piano-chitarra-contrabbasso-batteria (un nome per tutti quello di Wes Montgomery). E la copertina, deliziosamente vintage: insomma, un’edizione limitata in vinile ci starebbe benissimo. Dalla title-track a “Cinquantuno”, dalla delicata ballad […]

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URBAN QUARTET feat. MAX IONATA
Sofà
Jazz Collection. Saint Louis Music Center Srl
2023

Album delizioso. Riuscitissimi il titolo (complessivo e del brano d’apertura) a suggerire un jazz rilassato, da club, con un’energia che rimanda a stagioni intramontabili del quartetto piano-chitarra-contrabbasso-batteria (un nome per tutti quello di Wes Montgomery). E la copertina, deliziosamente vintage: insomma, un’edizione limitata in vinile ci starebbe benissimo.

Dalla title-track a “Cinquantuno”, dalla delicata ballad “Lucia” all’ottima idea di chiudere in blues (“Blues for Dannie”), tutti apprezzabili i temi e sempre avvolgente il sound, con spazi solistici ampi per Gianluca Robustelli alla chitarra e Giuseppe Sacchi al pianoforte, nonché, in un brano, per il contrabbasso di Vincenzo Quirico e la batteria di Federico Balestra.
Ma un merito ulteriore di questo disco è avvalersi della straordinaria partecipazione del sassofono tenore di Max Ionata (citato però solo in seconda di copertina).
Non si sa come dirlo, il cinquantunenne musicista abruzzese sembra in stato di grazia perenne, la forza limpida del suo solismo ne fa da anni un sassofonista ai vertici, da seguire in ogni sua avventura, solistica o, come in questo caso, da ospite. Ed eccolo decisivo anche in questo “Sofà” nel dare intensità, nell’aprire spazi, nel sondare profondità.

 

Musicisti:

Gianluca Robustelli, chitarra
Giuseppe Sacchi, pianoforte
Vincenzo Quirico, contrabbasso
Federico Balestra, batteria
feat.:
Max Ionata, sassofono

Tracklist:

01. Sofà (05:05)
02. Sister sadie (05:04)
03. Lucia (07:14)
04. Cinquantuno (05:03)
05. Very Late (09:08)
06. Blues for Dannie (09:55)

Link:

Saint Louis Music Center. Jazz Collection

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FRATINI – ROMAGNOLI – BULTRINI | Queen size https://www.soundcontest.com/fratini-romagnoli-bultrini-queen-size/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=fratini-romagnoli-bultrini-queen-size Tue, 05 Dec 2023 22:55:08 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=62961 Ritorna Francesco Fratini e l’attesa c’era. Perché il suo debutto su cd, “The best of all possible words”, si è imposto tra i più scoppiettanti e intelligenti (a ripensarci ora fin dal titolo…) nell’orizzonte del jazz italiano di questi ultimi anni, recensito con entusiasmo anche sulle colonne della nostra rivista. Van dette due cose: la […]

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FRATINI – ROMAGNOLI - BULTRINI
Queen size
La Reserve Records/ReMida Production
2023

Ritorna Francesco Fratini e l’attesa c’era. Perché il suo debutto su cd, “The best of all possible words”, si è imposto tra i più scoppiettanti e intelligenti (a ripensarci ora fin dal titolo…) nell’orizzonte del jazz italiano di questi ultimi anni, recensito con entusiasmo anche sulle colonne della nostra rivista.

Van dette due cose: la prima è che fra quel titolo e questo nuovo “Queen size” (è uscito lo scorso 10 ottobre, un titolo e una copertina immaginifici…) c’è una produzione tanto frastagliata quanto validissima di alcuni ep che presentano già il trio di cui parliamo qui, editi in forma esclusivamente digitale e che, alla luce di questa nuova uscita, si confermano importante tassello preparatorio di questo lavoro “maggiore” (ma ce n’è anche uno, “For the love”, che è una straordinaria fusione di jazz e hip hop e che meriterebbe un discorso a parte).

La seconda è che la sigla Fratini Romagnoli Bultrini assegna il disco, con una significativa valenza libertaria, a tutti i componenti del gruppo e non solo al visionario musicista romano.

E allora, questo trio. Tromba, contrabbasso e batteria. Una formazione in meraviglioso squilibrio, foriera di stato nascente tanto nei musicisti che in chi ascolta. Peraltro, rarissima nel passato e nel presente nel jazz. Che ha “Il profumo della libertà” espressiva (la parte virgolettata della frase cita il titolo di un bellissimo disco di Guido Mazzon che diciamo che qualcosa centra con questo “Queen size”) e dell'”avant-garde”: e anche qui scriviamo la parola come figurava nel titolo dello storico, imprescindibile, unico disco in cui figuravano insieme John Coltrane e Don Cherry in un quartetto, appunto, pianoless.

Ma la tromba in trio con contrabbasso e batteria fa ritornare alla mente anche le sperimentazioni del trombettista portoghese Hugo Alves o il lavoro pluriennale del nostro Flavio Boltro. E che dire della compianta Jaimie Branch? Il pozzo profondo di una nuova espressività jazz la musicista newyorchese ha tentato di scoperchiarlo essenzialmente proprio con questo triangolo sonoro.

Libertà espressiva, avanguardia, sperimentazione. Questi tre termini non sono fuori luogo nel tentare di descrivere la musica che si ascolta in “Queen Size”.

E tuttavia attenzione: “tutti i nostri ieri” della storia del jazz, da lontani echi del linguaggio New Orleans allo Swing (la toccante Per Carlo, dedicata a Carlo Conti, il sassofonista prematuramente scomparso nel 2020, ospiti gli ottoni della Beng! Band, ma anche il finale ellingtoniano di I love you madly), dal bop, naturalmente (e a suggestioni “cool”, verrebbe da aggiungere: il brano Paganico a cui si aggiunge al complessino il valoroso sassofono tenore di Francesco Geminiani), al fuoco originario della “new thing” degli anni Sessanta (ascoltate il tema e l’assolo di Francesco nella title track) sono presenti nell’approccio di Fratini, sono orientamento, bussola, per navigare in mare aperto, per inseguire nuove forme, nuove strutture espressive.

 

Musicisti:

Francesco Fratini, trumpet
Giuseppe Romagnoli, bass
Matteo Bultrini, drums

Tracklist:

01. Queen Size     04:40
02. Neo Tokyo 3   03:38
03. Pane Amore e Collera      02:20
04. Interludio       02:10
05. Paganico        05:22
06. Cleopatra       02:31
07. Per Carlo        03:43
08. Uscita Dai Blocchi            06:03
09. Bloody Mary   02:45
10. I Love You Madly             06:05

Link:

ReMida Production

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MATHIEU BORDENAVE – PATRICE MORET – FLORIAN WEBER | La traversée https://www.soundcontest.com/mathieu-bordenave-patrice-moret-florian-weber-la-traversee/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=mathieu-bordenave-patrice-moret-florian-weber-la-traversee Sun, 01 Oct 2023 11:00:15 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=62272 Un album di debutto di particolarissimo interesse, che raccomandiamo ai cultori del sassofonista, clarinettista, compositore e arrangiatore Jimmy Giuffre e delle varie edizioni dei suoi “3” ovvero dei suoi trii. Si trattava di piccole formazioni senza batteria in cui il musicista nato a Dallas nel 1921 sperimentò, negli anni Cinquanta e Sessanta, in forte anticipo […]

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MATHIEU BORDENAVE - PATRICE MORET - FLORIAN WEBER
La traversée
Ecm 2663 088 2928
2020

Un album di debutto di particolarissimo interesse, che raccomandiamo ai cultori del sassofonista, clarinettista, compositore e arrangiatore Jimmy Giuffre e delle varie edizioni dei suoi “3” ovvero dei suoi trii. Si trattava di piccole formazioni senza batteria in cui il musicista nato a Dallas nel 1921 sperimentò, negli anni Cinquanta e Sessanta, in forte anticipo sui tempi, nuove forme di jazz.

Estraneo ad ogni convenzionalismo, la sua intransigenza gli costò l’ostracismo delle case discografiche che gli rifiutarono in anni cruciali nello sviluppo della sua ricerca qualsiasi tipo di contratto discografico, in particolare in seguito all’assolutamente visionario “Free fall” (1962), album che però ebbe un esito commerciale all’epoca disastroso.

Le avanzate idee musicali del musicista poi scomparso nel 2006 hanno trovato in seguito ampia rivalutazione da parte di pubblico e critica e, guarda un po’, delle case discografiche. La stessa attività di Giuffre rifiorì in nuovi valorosi episodi. Si pensi che, con un gesto piuttosto clamoroso, nel 1992 proprio l’etichetta di Manfred Eicher, che oggi certo senza nessuna casualità pubblica l’album che recensiamo, acquisì i diritti per pubblicare esattamente i due album che avevano preceduto “Free fall”; lo fece nel suo stile,  con la nuova veste editoriale e in un doppio album che, da allora, è regolarmente in catalogo, rimarcando il ruolo della musica di Giuffrè come antesignana di nuove estetiche, in qualche modo anche di quella che, certo con qualche equivoco, molti denominano “suono Ecm”.

Ma i musicisti? Qui il discorso si fa più critico. La ricerca austera di Giuffre, la sua tensione al silenzio, un senso assorto e quasi metafisico del blues e del bop, sembrano diventati lettera morta nelle generazioni successive.

Ecco perché ci sembra doveroso porre l’accento sull’eccezionalità della proposta di Mathieu Bordenave. E alla consapevolezza con cui, nelle brevi note di copertina che firma all’interno del cd, dichiara che il trio di Jimmy Giuffre, Paul Bley e Steve Swallow è la sua principale fonte d’ispirazione. È vero? Si, nel senso che qui Bordenave mostra  u n o  dei possibili modi di praticare lo sviluppo della lezione  di quei maestri, in qualche modo rimasta senza coerenti e progressivi sviluppi nel tempo.

La mobile scacchiera sassofono tenore-pianoforte-contrabbasso, con Patrice Moret e Florian Weber muove mosse sonore incantatorie eppure minimali, di presente concretezza. Punti, pulviscoli sonori, traiettorie, linee, cittadelle di note, costruiscono, suggeriscono. In un interplay con l’ascoltatatore, a cui si richiede, come in uno shanghai, pazienza, delicatezza, attenzione.

In questa prova di sorprendente quanto impressionante maestria di Bordenave, vince chi, nella versione in duo o in trio di “River”, poste in apertura e in chiusura di questa “traversata” o nelle altre tessere del mosaico, troverà una sintonia più intima, la spinta, anche emotiva, al riascolto, all’approfondimento ulteriore.

 

Musicisti:

Mathieu Bordenave, sassofono tenore
Patrice Moret, contrabbasso
Florian Weber, piano

Tracklist:

01. River (duet) 04:43
02. Archipel 07:52
03. Le temps divisé 02:45
04. Dans mon pays 04:35
05. The Path 04:53
06. Ventoux 05:46
07. Incendie blanc 02:19
08. Chaleur grise 05:04
09. River (trio) 04:46

Link:

ECM Records

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FRANCESCA BERTAZZO HART – MICHELE FRANCESCONI NEW PROJECT ORCHESTRA | Playing With Jimmy. a tribute to Jimmy Van Heusen https://www.soundcontest.com/francesca-bertazzo-hart-michele-francesconi-new-project-orchestra-playing-with-jimmy-a-tribute-to-jimmy-van-heusen/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=francesca-bertazzo-hart-michele-francesconi-new-project-orchestra-playing-with-jimmy-a-tribute-to-jimmy-van-heusen Tue, 12 Sep 2023 19:50:43 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=62051 Pubblicato ufficialmente l’1 marzo di quest’anno – sebbene nella copia “fisica” affianco alla p maiuscola cerchiata che sta per published l’anno indicato sia il 2022 – ecco un album, generoso nella scaletta e nella durata, dal valore artistico elevato, da non lasciarsi sfuggire. Vi si ascolta un jazz rigoroso, dagli echi dixieland, swing, pre-bop, che […]

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FRANCESCA BERTAZZO HART - MICHELE FRANCESCONI NEW PROJECT ORCHESTRA
Playing With Jimmy. a tribute to Jimmy Van Heusen
Caligola Records 2319
2023

Pubblicato ufficialmente l’1 marzo di quest’anno – sebbene nella copia “fisica” affianco alla p maiuscola cerchiata che sta per published l’anno indicato sia il 2022 – ecco un album, generoso nella scaletta e nella durata, dal valore artistico elevato, da non lasciarsi sfuggire.

Vi si ascolta un jazz rigoroso, dagli echi dixieland, swing, pre-bop, che ossequia uno dei uno dei grandi autori della canzone americana. E tuttavia l’intento filologico, la cui estetica in bianco e nero è simboleggiata dalla foto di Jimmy Van Heusen in copertina non esaurisce l’impatto dei tutti i brani in scaletta.

Nel senso che “Playing With Jimmy” è anche un fiume in piena di autentica, personale, freschissima, travolgente espressività (pure dal punto di vista compositivo: i due “originals”, la traccia che intitola l’album e Another blues sono fra i brani più “liberi” e riusciti del progetto).

Protagonista la voce duttilissima, lo scat spumeggiante di Francesca Bertazzo Hart (della sua convincentissima chitarra e della sua scrittura). Che trascinano di slancio la musica anche su territori bop (e solo in alcune battute addirittura post-bop o “aleatori”…). Con luminescenze che diresti provenire dai pianeti di (Lambert, Hendricks &…) Annie Ross e dei Manhattan Transfer più acustici.

Ma i meriti di questo disco l’artista veneta, conoscitrice profonda del mondo compositivo di Van Heusen, li condivide con il pianoforte e gli arrangiamenti di Michele Francesconi di cui, da vario tempo, andiamo segnalando la qualità del suo contributo in termini di particolarità timbrica, di forza espressiva, di originalità di soluzioni (ricordiamo, per le analogie con questo, gli arrangiamenti per il progetto di Laura Avanzolini nel cd “Sings Bacharach” per l’etichetta Dodicilune; impossibile non citare anche il sorprendente “Solo” su Alphamusic).

Ma si sa: l’arrangiatore nel jazz scrive in funzione delle caratteristiche precise di quel preciso musicista.  In questo caso, completano il nonetto – la New Project Orchestra – Beppe Pilotto al basso acustico e elettrico e la personalità di Mauro Beggio alla batteria (l’ingresso, fantastico, in Call me irresponsible, a 2’15” circa, quando l’andamento in stile New Orleans sembra ormai deliziosamente drumsless e’ indimenticabile!).

Ai fiati Paolo Trettel tromba e flicorno, Gigi Grata al trombone; Stefano Menato suona sassofono contralto o clarinetto e Fiorenzo Zeni sassofono tenore, Giorgio Beberi imbraccia sassofono baritono o clarinetto basso.

Ci fermiamo qui. Non prima di aver ribadito quanto espresso nei primi righi di questa segnalazione, e cioè che è un disco che va ascoltato. E aggiungiamo: ha sì i pregi di un lavoro per autentici appassionati, ma la verve e la capacità comunicativa (contagiosa la prima, sincera la seconda) con cui vengono riproposti brani di portata universale come All the way o I thought about you, Darn that Dream o But beautiful e ancora Come fly With me o Here’s that rain day, non potrà non favorevolmente impressionare chiunque segua con curiosità e sensibilità il mondo delle novità discografiche.

 

Musicisti:

Francesca Bertazzo Hart, voce, chitarra elettrica
Michele Francesconi, piano, direzione
Paolo Trettel, tromba, flicorno
Gigi Grata, trombone
Stefano Menato, sax alto, clarinetto
Fiorenzo Zeni, sax tenore
Giorgio Beberi, sax baritono, clarinetto basso
Beppe Pilotto, contrabbasso, basso elettrico
Mauro Beggio, batteria

Tracklist:

01. I Thought About You
02. Like Someone in Love
03. Come Fly with Me
04. Here’s That Rainy Day
05. Darn That Dream
06. All the Way
07. It Could Happen to You – Fried Bananas (Medley)
08. Playing with Jimmy
09. Another Blues for Jimmy
10. The Second Time Around
11. All My Tomorrows
12. But Beautiful
13. Call Me Irresponsible

Link:

Michele Francesconi
Caligola Records

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DINO MASSA POLISH QUARTET | Live in Warsaw https://www.soundcontest.com/dino-massa-polish-quartet-live-in-warsaw/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=dino-massa-polish-quartet-live-in-warsaw Tue, 28 Feb 2023 10:00:58 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=59639 Live in Warsaw by Dino Massa Polish QuartetEcco un album, dicono alla Off – l’etichetta belga che ha pensato bene di pubblicare, in digitale, questa riuscitissima session dal vivo risalente al 2016 – di “real jazz”. Di jazz vero, autentico. Definizione calzante. E che non poteva non essere tale in riferimento ad un pianista che, […]

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DINO MASSA POLISH QUARTET
Live in Warsaw
Off record label - OUI001
2023

Ecco un album, dicono alla Off – l’etichetta belga che ha pensato bene di pubblicare, in digitale, questa riuscitissima session dal vivo risalente al 2016 – di “real jazz”. Di jazz vero, autentico. Definizione calzante. E che non poteva non essere tale in riferimento ad un pianista che, in una carriera ormai trentennale (il suo disco d’esordio, quell’indimenticato gioiellino che è “Girotondo”, risale al 1994) appare sorretto da un’ispirazione ininterrotta, da una capacità apparentemente quasi spontanea di dominare i registri più rigorosi (e più emozionanti) dei linguaggi, delle “combinazioni” del jazz. E il cui estro lirico, il cui pianismo ora travolgente ora trattenuto ed evocativo, sa farsi strada o nelle situazioni più sospese, nelle fasi in cui il sentiero sonoro sembra curvare e lasciar vedere poca parte di orizzonte (in questo disco la sua “Mari del nord”). O, al contrario, nell’affrontare uno standard, anzi un testo sacro del jazz come In a sentimental Mood (ancora un altro dei sei brani che compongono questo “Live in Warsaw”, uscito appena lo scorso 20 gennaio). In questo caso il pianista napoletano sembra quasi voler sminuzzare il pathos che è dentro l’immortale tema ellingtoniano guidando il suo quartetto in una versione quanto altre mai notturna, consapevolmente interiorizzata e sorvegliata (a tratti quasi dolentemente strascicata); inquieta fino a un certo punto poi d’un tratto quasi leggera e colma di serenità, segnando forse il punto più alto dell’intero album.
Ma gli altri quattro estesi brani meritano tutti la segnalazione: dall’iniziale Beautiful love al successivo There Is no greater love, a Paris, altra composizione originale di Dino Massa, al conclusivo Solar.

Guidando il suo quartetto, abbiamo scritto sopra… E, certo, questa è la musica del suo leader. Nell’insieme e nei dettagli. Perfino il suono “anticato” del sax tenore di Tomasz Grzegorsky (che però imbraccia il soprano nei due “originals” del disco..) rimanda a scelte analoghe compiute da Dino in altre fasi della sua carriera (penso ad esempio alla collaborazione con Valerio Virzo e ad un cd come “Anime diverse”). Ma sia chiaro: in questo combo la complementarità fra i quattro strumentisti è fortissima. Il contrabbassista Pawel Puszczato, con i suoi assoli uno più da seguire dell’altro, col sostegno inesausto alla costruzione musicale fornisce una prova maiuscola. Il batterista Lucasz Zyta, non impegnato in nessun assolo, è anch’egli essenziale nella tenuta complessiva del “sound” di tutto il quartetto.

Musicisti:

Dino Massa, piano
Tomasz Grzegorski, tenor and soprano sax
Pawel Puszczalo, bass
Lukasz Zyta, drums

Tracklist:

01. Beautiful Love 09:14
02. Mari del nord 07:08
03. There is no greater love 11:52
04. In a sentimental mood 10:15
05. Paris 09:43
06. Solar 07:44

 

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ROBERTO BOTTALICO ALTER & GO PROJECT | Il favoloso mondo di Wayne lo strambo https://www.soundcontest.com/roberto-bottalico-alter-go-project-il-favoloso-mondo-di-wayne-lo-strambo/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=roberto-bottalico-alter-go-project-il-favoloso-mondo-di-wayne-lo-strambo Tue, 29 Nov 2022 13:29:25 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=58636 Ecco, fra gli ultimi fuochi di questa annata discografica riguardante il jazz italiano, un album che, fin dal titolo, particolare e immaginifico, si impone all’attenzione degli appassionati. Per chi abbia già a cuore il percorso del sassofonista tenore Roberto Bottalico non ci sono dubbi all’istante: il Wayne del titolo è e non può non essere […]

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ROBERTO BOTTALICO ALTER & GO PROJECT
Il favoloso mondo di Wayne lo strambo
Filibusta Records
2022

Ecco, fra gli ultimi fuochi di questa annata discografica riguardante il jazz italiano, un album che, fin dal titolo, particolare e immaginifico, si impone all’attenzione degli appassionati.

Per chi abbia già a cuore il percorso del sassofonista tenore Roberto Bottalico non ci sono dubbi all’istante: il Wayne del titolo è e non può non essere che Shorter (as weired as Wayne, strambo come Wayne: così veniva soprannominato un giovanissimo Shorter ai tempi del liceo!!), “raccontato” in otto episodi che, dispiegando una fantasia favolistica e quasi onirica, mettono sotto la luce dei riflettori personaggi e vicende per la verità ogni volta diversi.

Va detto subito che la prova del leader e di tutto il quartetto, completato da Augusto Creni alla chitarra, da Alessandro del Signore al contrabbasso e da Massimo di Cristoforo alla batteria, lungi da pagare pegno di concretezza e libertà ispirativa al progetto “narrativo”, lo assoggetta, al contrario, ad un’urgenza espressiva che cattura subito l’ascoltatore, fin dall’esposizione del primo efficace tema, incalzandolo con un sound essenziale, di sobrio rigore, di sorvegliata sperimentazione. E che si snoda attraverso assoli e invenzioni centimetrati nota per nota, con un senso costante dell’interazione.  Rielaborando con un appropriato mood sperimentale, va aggiunto, il complesso mondo compositivo shorteriano (del resto l’Alter & Go Project è qui alla sua quarta prova discografica, con un’illustrazione in copertina di Lara Cantafora).

L’unico brano non originale del cd arriva alla traccia 6 e si rivela quale un’ulteriore ventata di freschezza: le note di Resolution di Coltrane risuonano in una rilettura di ellittico spessore: Coltrane, Shorter e tanti altri “pensieri” ci sono dentro tutti, meditati con sensibilità e ingegno.

 

Musicisti:

Roberto Bottalico, sax tenore
Augusto Creni, chitarra
Alessandro Del Signore, contrabbasso
Massimo Di Cristofaro, batteria

Tracklist:

01. Assembramento n°7
02. Porfirij Petrovic
03. Alter Shorter
04. Kukurusa Na Prabodie
05. Giant Half Steps n°1
06. Resolution
07. Giant Half Steps n°2
08. Dedalus

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FRANCESCO D’ERRICO TRIO | The Song Book – Live at Palazzo Zevallos https://www.soundcontest.com/francesco-derrico-trio-the-song-book-live-at-palazzo-zevallos/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=francesco-derrico-trio-the-song-book-live-at-palazzo-zevallos Wed, 09 Mar 2022 16:07:21 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=54126 Di questo disco ci piace praticamente tutto. A partire dalla proposta editoriale: una collaborazione fra l’Associazione culturale Wunderkammer – qui alla sua prima produzione discografica – e Black Sheep Power che, ricordiamolo, è una delle più coraggiose e indipendenti etichette discografiche italiane. Il che significa uscite centellinate – eh sì… – ma tutte naturalmente imperdibili. […]

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FRANCESCO D'ERRICO TRIO
The Song Book - Live at Palazzo Zevallos
Wunderkammer/Black Sheep Power Desco Music
2021

Di questo disco ci piace praticamente tutto. A partire dalla proposta editoriale: una collaborazione fra l’Associazione culturale Wunderkammer – qui alla sua prima produzione discografica – e Black Sheep Power che, ricordiamolo, è una delle più coraggiose e indipendenti etichette discografiche italiane. Il che significa uscite centellinate – eh sì… – ma tutte naturalmente imperdibili.
Ci piace l’idea di aver voluto testimoniare su disco un concerto come questo: una scelta preziosa e ormai quasi controcorrente in tempi in cui in rete la musica live, i video dei concerti, sono all’ordine del giorno, circolano un po’ ovunque.
Ci piace l’idea di scegliere la dimensione pubblica anziché quella tanto affascinante, vantaggiosa per tanti versi ma irrimediabilmente asettica della sala di registrazione per mettere a fuoco un nuovo progetto musicale (fu la scelta, negli ultimi anni della sua vita, di Michel Petrucciani, un musicista che, in qualche modo, ho sentito circolare, qua e là, fra le note di questo “songbook”).
E infine, va da sé, siamo colti da profonda ammirazione per la musica che questo cd racchiude.
Il pianista napoletano Francesco D’Errico coltiva ormai da un bel po’ di anni il progetto del trio. Fucina di sperimentazioni e di, direi, meditazione. Di intrecci fra ricerca del suono e momenti di stasi quasi ludici, in un interplay intimo, inesausto e coinvolgente col contrabbasso del fidatissimo Marco de Tilla e la batteria in questo disco suonata da Marco Fazzari (maiuscola anche la sua prova).
La scelta di standards (ma l’unico originale del disco, ovviamente composto da Francesco, My rainbow my love è uno degli apici dell’album), inedita per il trio, incuriosisce e alla fine convince, emoziona.
Billevansiano e’ un aggettivo ormai quasi ordinario per chi prova a descrivere il jazz nella “formula” piano-contrabbasso-batteria. E ne rifuggiremmo senz’altro nei confronti della musica di Francesco e del suo trio, e cioè di un protagonista del jazz italiano nella sua piena maturità, la cui identità stilistica è contrassegnata da caratteri di precisa originalità.
Se ricorriamo al termine forse un po’ frusto è perché, da Secret love a That old feeling, da I fall in love too easily a Insensatez nelle esecuzioni a Palazzo Zevallos nel centro antico di Napoli il piccolo miracolo di afferrare l’essenza, la formula segreta del mitico trio di cui all’aggettivo, sembra riuscito. L’ascolto quasi spasmodico dei tre musicisti fra loro; la leggerezza trasparente del sound; l’energia fibrosa degli assoli eppure sempre sobria, sorvegliata, spiritualmente pacata e libera; lo scavo ritmico-armonico non a scapito però del tessuto melodico, che ha un suo speciale brillio. Questi caratteri fanno di “The Song Book” un’esperienza d’ascolto rinfrancante, da non lasciarsi sfuggire.

 

Musicisti:

Francesco D’Errico, pianoforte
Marco de Tilla, contrabbasso
Marco Fazzari, batteria

Tracklist:

01. Secret love (S. Fain)
02. That old feeling (S.Fain and L.Brown)
03. I’ll be seeing you/Time after time (S.Fain and I.Kahal / S.Cahn and J.Styne)
04. He loves and she loves (G. and I.Gershwin)
05. My rainbow my love (F. D’Errico)
06. I fall in love too easily (S.Cahn and J.Styne)
07. Insensatez (A.C.Jobim)

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DINO BETTI VAN DER NOOT | The silence of the broken lute https://www.soundcontest.com/dino-betti-van-der-noot-the-silence-of-the-broken-lute/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=dino-betti-van-der-noot-the-silence-of-the-broken-lute Tue, 26 Oct 2021 20:59:15 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=52002 “È un lavoro solitario, introspettivo”. È vero. Dalle note di copertina firmate da Marcello Piras incluse nel libretto del nuovo, prodigioso disco di Dino Betti (anche questo un viaggio, io lo ascolto suddividendolo in quattro parti, come le facciate di un doppio elleppi: urge il supporto in vinile!) sottolineo questo primo punto. Coincide con un […]

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DINO BETTI VAN DER NOOT
The silence of the broken lute
Audissea, ADA 015
2021

“È un lavoro solitario, introspettivo”.

È vero. Dalle note di copertina firmate da Marcello Piras incluse nel libretto del nuovo, prodigioso disco di Dino Betti (anche questo un viaggio, io lo ascolto suddividendolo in quattro parti, come le facciate di un doppio elleppi: urge il supporto in vinile!) sottolineo questo primo punto. Coincide con un aggettivo che veniva in mente anche a me: è una musica   i n t i m a   quella che si ritrova in tutto il percorso creativo di Dino Betti e in modo molto specifico in questo album.

Il che credo si possa considerare una ben singolare annotazione per un disco suonato da un’orchestra di ventitre elementi.

Eppure è proprio così. E ripeto mai forse come in precedenza: lo rimarca quella parola, s i l e n c e, in un titolo carico, come in tante sue composizioni, di echi simbolici, di rimandi alla poesia, alla storia, al mito. Un silenzio che, nei due anni di gestazione compositiva di questo lavoro, ha significato una stasi pressoché assoluta. “Ho appena compiuto ottantacinque anni e sono sopravvissuto a una pandemia che non avrei mai immaginato di incontrare”, ci ha scritto il maestro. “Ho passato momenti di buio, ho avuto tanto tempo per riflettere e per molti mesi non sono riuscito a scrivere nemmeno una nota. Poi, improvvisamente ce l’ho fatta”, continua, “mi sono ribellato, e ho composto la musica di questo album che, credo, racconta abbastanza chiaramente i miei diversi stati d’animo, le mie reazioni emotive a un’emergenza inimmaginabile in precedenza. Sono cinque brani, di cui quattro nuovi: ho ripreso infatti anche una vecchia composizione degli anni Ottanta, che mi sembrava portatrice di speranza”, afferma riferendosi al brano Here comes springtime.

Certo, in qualche modo, il senso della musica di Dino Betti – di questo “The silence of the broken lute” – è proprio nella fascinazione del momento preciso – in realtà le fasi di lavoro – in cui “la vita interiore” si fa fenomeno sonoro, diventa relazioni e significato.

Una fascinazione – e prima ancora un senso – che viene restituita all’ascoltatore nel panismo di timbri, di accenti, di soluzioni armoniche, di iridescenza ritmica con cui l’orchestra quasi letteralmente gli tende la mano portandolo dentro al suono. Un’orchestra – sottolineo con l’evidenziatore – la quale nella pratica musicale di Dino Betti Van Der Noot è un sodalizio di anime. Che é l’altro aspetto delle note di Piras su cui ho appuntato l’attenzione e che nei suoi termini si traduce così: “Sembrerebbe che tutti i suoni del mondo si siano dati convegno per un giorno”.

Quei suoni che nascono “al momento di incidere”, nel momento preciso in cui il diario in note dell’autore “si apre ad accogliere in sé le idee degli improvvisatori negli ampi spazi loro lasciati”.

“All’ascolto, fin dai primi attimi – scrive Piras – siamo accolti da un concerto di suoni e timbri eterogenei (…). Appaiono e scompaiono, spesso intervengono per brevi sortite e si danno il cambio. Non sono soltanto timbri e colori tipici del jazz: ci sono anche viola e sitar, flauto contralto e arpa celtica” e nel tessuto percussivo, aggiungiamo noi, le tablas. “Voci arcaiche e contemporanee, occidentali e orientali, (…) lineari e tortuose. Un groviglio di identità diverse, ricondotte a unità.”

Ancora una traduzione, stavolta nei termini dell’autore: “puoi immaginare – ci rivela – la follia che è stata la registrazione, con tutti i problemi dati dal Covid, però ce l’abbiamo fatta; e ho trovato un grande entusiasmo – quasi un senso liberatorio – da parte di tutti i musicisti, a mio avviso straordinari, che ho coinvolto. Senza di loro, senza la loro generosità nell’ aderire a un progetto che non è più soltanto mio, ma che è diventato di tutto il gruppo, questa musica non sarebbe potuta decollare”.

Straordinari, e questo è certo. Ma prima ancora è quel “senso liberatorio” che davvero ci sembra fondamentale rimarcare. Perché se qualcosa di ulteriore questo quindicesimo album aggiunge al percorso già così stratificato dell’autore, questo qualcosa siamo inclini a credere che abbia a che fare con il carico pulsionale fungente nelle note, con un’urgenza espressiva inedita, con la giustezza un po’ miracolosa e quasi rinascimentalmente magica che le fa brillare dall’inizio – i primi cinque minuti sono pura fiaba sonora – alla fine. Qualcosa nata forse proprio dalla “follia” con cui è stato registrato cioè praticamente – e incredibilmente – a distanza.

A questo punto non posso non invidiare – dato che già so che non potrò farne parte – il pubblico che assisterà al concerto di presentazione dal vivo dell’album, il prossimo giovedì 28 ottobre, al Teatro No’hma Teresa Pomodoro di Milano.

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FABIO CONCATO | Concerto “romantico” per il Palazzo Reale Summer Fest https://www.soundcontest.com/fabio-concato-concerto-romantico-per-il-palazzo-reale-summer-fest/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=fabio-concato-concerto-romantico-per-il-palazzo-reale-summer-fest Tue, 13 Jul 2021 10:47:11 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=50969 Che cos’è il canto jazz? Qual è la sua essenza? Difficilissimo dare una risposta. Un esperto come Luciano Federighi, in un libro di molti anni fa, scriveva a un certo punto che essa si può trovare “nella sua indifferenza a canoni preconcetti di bellezza (e nella sua stessa capacità di CREARE bellezza dal nulla), nella […]

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Che cos’è il canto jazz? Qual è la sua essenza? Difficilissimo dare una risposta. Un esperto come Luciano Federighi, in un libro di molti anni fa, scriveva a un certo punto che essa si può trovare “nella sua indifferenza a canoni preconcetti di bellezza (e nella sua stessa capacità di CREARE bellezza dal nulla), nella sua libertà espressiva, nella sua spinta all’invenzione”.

Se è vero questo, allora forse andrebbe conseguenzialmente affermato che la voce di Fabio Concato in questi anni – e in questo concerto napoletano, una piccola, sempiterna magia durata circa un’ora e venti e scandita dell’esecuzione di sedici brani – è pura essenza di canto jazz.

Figlio di un chitarrista jazz – non di professione! Il “Gigi” della sua splendida canzone – all’esordio discografico nel ’77 con un album, “Storie di sempre” arrangiato e suonato da musicisti tutti provenienti dal mondo della musica improvvisata, non c’è neanche bisogno di sottolineare che l’intero percorso di Concato, autore di alcuni dei brani tra i più belli e amati della nostra storia, delinea l’incontro, spontaneo e lirico, della canzone d’autore col jazz.

Ci preme, però, sottolineare che l’ancora più specifico punto di riferimento di queste considerazioni è l’album del 2016, il suo terzultimo, lo straordinario “Non smetto di ascoltarti”, in cui Fabio rivisita canzoni altrui e sue con una pregnanza jazzistica assoluta, grazie a due compagni di viaggio d’eccezione e cioè il “tandem” formato da Fabrizio Bosso alla tromba e da Julian Oliver Mazzariello al piano. Qui Concato é tutto sé stesso eppure in qualche modo si supera. È un nuovo punto di approdo. E di non ritorno.

Da questa esperienza infatti nasce l’idea di “rivisitare” – il termine è di Concato – in chiave rigorosamente jazzistica quarant’anni di sue canzoni con un trio, stavolta. Quello ascoltato stasera. Formato da Paolo Di Sabatino al pianoforte, Marco Siniscalco al basso elettrico e Glauco Di Sabatino alla batteria con cui Concato ha già pubblicato il suo penultimo album (il più recente è appena uscito, ancora una rilettura del suo canzoniere e un titolo significativo: “Musico ambulante”).

Ed è proprio un brano di Paolo Di Sabatino, La danza dei gabbiani, in trio, a creare il perfetto stato d’animo, nel pubblico numeroso e fedele accorso nel meraviglioso scenario del Giardino degli Innamorati di Palazzo Reale, per accogliere la sua entrata sul palco. “È un’emozione infinitamente grande essere qui”, dice. “Soprattutto dopo essere stati fermi due anni. Non ne potevo più!”. E attacca una versione stupenda, incredibilmente intima di E’ festa, che dice subito in che direzione vanno gli arrangiamenti tutti di Paolo Di Sabatino. “Mi godo il viaggio, sai che guido piano/ Adesso guarda dalla tua finestra, non ci credi?/ Sono qua”, recitano i versi conclusivi della canzone. E allora quella successiva non può che essere Guido piano, intrisa di nostalgia, delicatissima, emblema di tutto il suo universo poetico, a cui segue Stazione Nord. Poi per introdurre Speriamo che piova Concato racconta che la sera precedente un nubifragio ha interrotto il suo concerto al Castello Sforzesco “nella mia Milano”. E allora non vorrei che… ti immagini?” Poi guarda il cielo stellato e dice: “ma qui non ci sono problemi”. E non solo non ce ne sono, ma come in un gioco di prestigio il caldo soffocante che ha stretto Napoli in questi giorni cede il passo a un vento frescolino che si mescola e s’intreccia alle note.

fonte: profilo fb di F.C.

Un assolo di batteria introduce Sexy tango a cui fanno seguito Ti ricordo ancora (“Vediamo un po’, questa la canto raramente dal vivo…”) Tienimi dentro te, Buonanotte a te, dolcissima, con un assolo di piano baciato dall’ispirazione e un coinvolgente riff di basso elettrico che porta alla conclusione del pezzo.

“Adesso un’anteprima, un brano nuovo che pubblicherò tra settembre e ottobre”: ma è l’ennesima deliziosa gag perché in realtà parte Domenica bestiale, il suo brano più universalmente noto. Lo canta tutto il pubblico con lui, anzi lo sussurra, coinvolto dalla particolare coolness interpretativa che investe anche questo brano.

Fabio Concato é concentrato sul canto, con un timbro che graffia l’anima, con emissioni di note stirate, allungate, compresse, circumnavigate; sofferte, increspate, soffiate, che non possono non emozionare. E le parole cantate rivelano così cime tempestose di significati esistenziali che l’ascoltatore si accorge di non aver mai colto prima.

E in questa data partenopea non poteva non essere inclusa in scaletta la Canzone di Laura, scritta insieme a Pino Daniele, l’altra faccia dell’approccio jazzistico alla canzone d’autore in Italia.  Fabio racconta come nacque quella collaborazione e chiede scusa per la sua pronuncia del dialetto napoletano. E alla fine dell’esecuzione: “Grazie sempre Pino”.

Poi gli ultimi brani in scaletta: Tornando a casa, impreziosito da un assolo del basso di Marco Siniscalco (“È un brano dell”86, per me un anno recente..”), Canto, ricca di intenzioni e di energia blues, col più bell’assolo di piano della serata e le deliziose spazzole di Glauco Di Sabatino, Gigi (“La canzone che amo di più fra quelle che ho scritto, è del 1990”) e infine in chiusura e finalmente, senza bisogno di alcuna presentazione, “Fiore di maggio” (con un verso cambiato: “Tutti ubriachi di canzoni e di allegria” che diventa “Tutti ubriachi di canzoni e falanghina”!).

Ma c’è ancora tempo, a furor di pubblico, per due bis: Non smetto di aspettarti e – a pensarci bene per forza… – Rosalina.

 

FABIO CONCATO IN CONCERTO
Paolo Di Sabatino, pianoforte
Marco Siniscalco, basso elettrico
Glauco Di Sabatino, batteria

Venerdì 9 luglio 2021
Napoli, Palazzo Reale, Giardino Romantico, Piazza del Plebiscito 1

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ROBERTO MAGRIS & ERIC HOCHBERG | Shuffling Ivories https://www.soundcontest.com/roberto-magris-eric-hochberg-shuffling-ivories/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=roberto-magris-eric-hochberg-shuffling-ivories Sun, 25 Apr 2021 10:36:24 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=49567 Segnalazione d’obbligo per un cd – e download: il sito privilegiato per informazioni ed acquisto é quello dell’etichetta che lo pubblica: www.jmoodrecords.com – tra i piu’ intensi e importanti di questi primi mesi del 2021. Roberto Magris, il pianista e compositore triestino che ci ha convinto da anni – entusiasmandoci – che Mitteleuropa può essere, […]

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ROBERTO MAGRIS & ERIC HOCHBERG
Shuffling Ivories
J Mood Records
2021

Segnalazione d’obbligo per un cd – e download: il sito privilegiato per informazioni ed acquisto é quello dell’etichetta che lo pubblica: www.jmoodrecords.com – tra i piu’ intensi e importanti di questi primi mesi del 2021. Roberto Magris, il pianista e compositore triestino che ci ha convinto da anni – entusiasmandoci – che Mitteleuropa può essere, è, sinonimo di jazz, del cuore più pulsante di questa musica; che ne organizza i suoni oltrepassando le frontiere stilistiche e geografiche; che dal 2006 si è in buona sostanza trasferito a Kansas City, innestando le sue radici nei luoghi stessi in cui le hanno piantate lo swing e il bop; esce, “in questi tempi difficili”, con uno dei suoi lavori più intimi e più concentrati, un duo pianoforte/contrabbasso in cui il suo partner é Erich Hochberg. Partner già nel precedente doppio, ambizioso, ineludibile “Suite!”, dove c’è veramente tutta la sua visione del mondo, prima ancora che della musica.

Se di “Suite!” “Shuffling Ivories” rappresenta il contraltare cameristico – in una formazione inedita per Magris – , vorrei però chiarire che l’aggettivo usato prima non va confuso con “intimistico”.

Ascoltate subito il brano d’apertura, che reca il titolo dell’intero album e ne è indubitabilmente il manifesto per rendervene conto.

Si tratta di un blues. “Quirkly”, cioè se traduco bene, bizzarro, come scrive nelle sapienti note di copertina del disco Bill Milkowsky, nel senso di “sperimentale”, così come Ornette o Monk ci hanno insegnato che il blues può essere tendendo fino allo spasimo le corde delle sue determinazioni. Ma anche nel senso in cui Ellington affermava che il blues è sempre il modo migliore per cominciare un concerto e in questo caso un disco. Si tratta di una magnifica composizione di Magris – sue in questo disco anche Clef Club Jump e Italy, una vera e propria “canzone”, densa di umori nostalgici – che diteggia con effetti quasi tristaniani intrecciando col contrabbasso dal suono arcano e costantemente pulsante di Hochberg un dialogo  trascinante, in cui l’avvicendarsi degli assoli é al tempo stesso una geometria e un gioco.

E che procede per i restanti brani dell’album. Detto degli originali, un discorso ampio e dettagliato meriterebbero i restanti otto dedicati a composizioni altrui, fra le quali spicca la Laverne di Andrew Hill di cui, in chiusura, Magris ci regala una seconda più ampia versione alternativa. Lo meriterebbero perché le scelte di Magris – le cito: oltre alle piu’ note I’ve found a new baby e Memories of you, The time of this world is at hand, Quiet dawn, Anysha, The chevy chase, naturalmente Laverne – riflettono le sterminate conoscenze e lo straripante amore e rispetto di Magris in merito alle vicende della musica afroamericana che si inverano nel suo gesto così consapevole e coinvolgente.

Ma per saperne di piu’ rinvio ancora una volta alle liner notes; e, soprattutto, se questa mera “introduzione” puo’ mai aver convinto ad iniziare l’ascolto di “Shuffling ivories”, ogni singolo ascoltatore, nel mare magnum del web o altrove, troverà gli strumenti per approfondire i significati dell’universo artistico di Roberto Magris.

 

Musicisti:

Roberto Magris, piano
Eric Hochberg, bass

Tracklist:

01. Shuffling Ivories (Magris) 04:06
02. I’ve Found A New Baby (Palmer/Williams) 04:49
03. Clef Club Jump (Magris) 04:27
04. Memories Of You (Blake) 06:15
05. The Time Of This World Is At Hand (Gault) 06:35
06. Quiet Dawn (Massey) 08:43
07. La Verne (Hill) 07:20
08. Anysha (Pitts) 07:07
09. Italy (Magris) 05:38
10. The Chevy Chase (Blake) 03:10
11. La Verne (Hill) – Take 2 – 09:06

Link:

J Mood Records

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