Via Veneto Jazz Archivi - Sound Contest https://www.soundcontest.com/tag/via-veneto-jazz/ Musica e altri linguaggi Fri, 24 Nov 2023 11:21:13 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.1 VITTORIO CUCULO | Lo spirito di Massimo Urbani che aleggia in “I Slept in Central Park” https://www.soundcontest.com/vittorio-cuculo-lo-spirito-di-massimo-urbani-che-aleggia-in-i-slept-in-central-park/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=vittorio-cuculo-lo-spirito-di-massimo-urbani-che-aleggia-in-i-slept-in-central-park Fri, 24 Nov 2023 11:21:13 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=62945 Vittorio Cuculo è da considerare ormai un ex enfant prodige del jazz italiano, perché il talentuoso sassofonista si sta sempre più affermando sulla scena jazzistica nazionale grazie alle sue notevoli qualità artistiche. Dall’eccellente padronanza strumentale, fluidità di fraseggio, intensa energia comunicativa, nonché enciclopedico conoscitore del linguaggio bebop, Cuculo si sta costruendo una carriera particolarmente degna […]

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Vittorio Cuculo è da considerare ormai un ex enfant prodige del jazz italiano, perché il talentuoso sassofonista si sta sempre più affermando sulla scena jazzistica nazionale grazie alle sue notevoli qualità artistiche. Dall’eccellente padronanza strumentale, fluidità di fraseggio, intensa energia comunicativa, nonché enciclopedico conoscitore del linguaggio bebop, Cuculo si sta costruendo una carriera particolarmente degna di nota. Il suo percorso di formazione è ricco di borse di studio (compresa quella prestigiosa della “Berklee College of Music” di Boston) e molti titoli come, ad esempio, il diploma di laurea presso la “Siena Jazz University” e quella al “Biennio Jazz” presso il Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma con il massimo dei voti, ma fa anche incetta di premi e riconoscimenti come, fra i tanti,  il premio per solisti del “Concorso Randazzo”, il secondo posto al “Premio Internazionale Massimo Urbani” per “Solisti Jazz”, il premio come “Miglior Solista Strumentale” al concorso internazionale “Johnny Răducanu”, lo “European Jazz Award 2020” assegnatogli dal “Tuscia in Jazz Festival”, il primo premio (ex aequo) ottenuto al “Concorso Nazionale Chicco Bettinardi – Nuovi Talenti del Jazz Italiano” nella “Sezione Solisti”, oltre a essersi classificato al primo posto al “Roma Jazz Contest”. Le sue fulgide doti gli permettono di condividere palco e studio di registrazione, sia in contesti orchestrali che in formazioni ridotte, al fianco di numerose eccellenze del jazz italiano e internazionale, come: Bob Franceschini, Mark Sherman, Jesse Davis, Javier Girotto, Dario Rosciglione, Giorgio Rosciglione, Gegè Munari, Stefano Di Battista, Eric Legnini, Fabrizio Bosso, Enrico Pieranunzi, Andrea Beneventano, Roberto Gatto, Enrico Intra, Marcello Rosa, Paolo Damiani, Massimo Nunzi, Maurizio Giammarco, Mario Corvini, Claudio Corvini, Maurizio Urbani, Emanuele Urso, Adriano Urso, Roberto Spadoni, Danilo Blaiotta, Enrico Mianulli, Greta Panettieri. Oltre a esibirsi in tutta Italia, sia nei famosi club che nei festival di prestigio, il suo talento è stato valorizzato anche fuori dai confini nazionali, in Paesi quali Polonia, Belgio, Francia, Russia, Germania, Romania, Emirati Arabi Uniti. Diverse anche le sue esperienze mediatiche di una certa rilevanza, come Webnotte (Repubblica TV) e Rai Radio 3. Il 20 ottobre, pubblicato da Jando Music e Via Veneto Jazz, è uscito “I Slept in Central Park – A Tribute to Massimo Urbani”, affettuosissimo omaggio a una figura iconica del sassofono jazz come Massimo Urbani, a trent’anni di distanza dalla sua scomparsa. Con Vittorio Cuculo, a condividere questa esperienza discografica, cinque colonne portanti del jazz del calibro di Andrea Beneventano al pianoforte, Dario Rosciglione al contrabbasso, Gegè Munari alla batteria e due superospiti come Stefano Di Battista al sax soprano e alto e Maurizio Urbani (fratello di Massimo) al sax tenore. Un album, intriso di gioioso senso dello swing, in cui l’amore verso Massimo Urbani si manifesta attraverso ogni singola nota.

 

Il 20 ottobre scorso, pubblicato dall’etichetta “Jando Music” in collaborazione con “Via Veneto Jazz”, è uscito il tuo nuovo lavoro discografico intitolato “I Slept in Central Park – A Tribute to Massimo Urbani”, un amorevole omaggio al grande sassofonista jazz Massimo Urbani, prematuramente scomparso trent’anni fa. Al tuo fianco, la formidabile sezione ritmica del 1993 del quartetto di Massimo Urbani: Andrea Beneventano al pianoforte, Dario Rosciglione al contrabbasso e Gegè Munari alla batteria. Più la presenza di due eccezionali guest come Maurizio Urbani (sax tenore) e Stefano Di Battista (sax soprano e sax alto). Soprattutto dal punto di vista emotivo, quali sensazioni hai provato quando sei entrato in studio per registrare questo disco dedicato a un gigante come Massimo Urbani accompagnato proprio dal suo trio del 1993 e impreziosito dalla collaborazione di due straordinari jazzisti come Maurizio Urbani e Stefano Di Battista?

Per me è stata una grande gioia e un grande privilegio aver registrato e condiviso questo lavoro con dei musicisti incredibili come Stefano Di Battista, Maurizio Urbani, Gegè Munari, Andrea Beneventano e Dario   Rosciglione, ognuno con un percorso e una carriera molto importanti, ma ciascuno mosso dall’affetto e dal desiderio di ricordare una figura storica e capitale come quella del grande genio Massimo Urbani. Un ringraziamento speciale va a Eugenio Rubei per essere stato l’ideatore, a Giandomenico Ciaramella, Matteo Pagano, Jando Music e Via Veneto Jazz, Cristiana Piraino, Casa del Jazz, Fondazione Musica per Roma, Luciano Linzi, Ascanio Cusella e a tutto lo staff e ai meravigliosi musicisti con i quali ho avuto l’onore di poter condividere musica in ricordo di Massimo Urbani.

Il 21 ottobre, invece, hai presentato ufficialmente l’album alla “Casa del Jazz” con la formazione al completo con cui hai inciso il CD. Il pubblico come ha vissuto questo concerto e qual è stata la tua percezione emozionale prima, durante e dopo il live?

Quella del 21 ottobre è stata una serata speciale con la presentazione del disco alla Casa del Jazz a Roma. Non nascondo che l’emozione è stata tanta, perché il numeroso e caloroso pubblico ha regalato a tutti noi un Sold Out, per la gradita presenza di altri importanti musicisti che hanno assistito al concerto, ma anche e soprattutto perché ho avvertito netta e chiara la sensazione del grande affetto e ammirazione verso l’importantissima figura di Massimo Urbani. Abbiamo voluto render omaggio a un gigante del mondo del jazz. Tutto si è svolto con questo spirito, dall’introduzione all’evento, fatta da Luciano Linzi, fino all’esecuzione dei brani e alla entusiastica accoglienza e amorevole partecipazione da parte degli ascoltatori.

Venendo al disco, in “I Slept in Central Park – A Tribute to Massimo Urbani” figurano otto brani fra cui anche una sua composizione originale intitolata I Got Rock. Secondo quale criterio hai scelto la tracklist dell’album?

La tracklist è stata impostata sull’idea di eseguire, a trent’anni dalla scomparsa, composizioni che Massimo Urbani amava suonare, con lo spirito di omaggiarlo ma anche – e soprattutto – con la voglia e il desiderio di suonare insieme del buon jazz, in un ideale abbraccio fatto di suoni, ricordi ed emozioni.

Per un sassofonista talentuoso ma ancora giovane come te è senza dubbio molto complicato misurarsi con un tributo dedicato a un’icona sacra del calibro di Massimo Urbani. In questi casi il rischio altissimo è sempre quello di somigliare troppo all’originale, soprattutto nel fraseggio. Tu, pur giustamente ispirandoti a lui, che tipo di lavoro hai fatto su te stesso per cercare di trovare una tua identità personale nel rendergli omaggio senza cedere alla tentazione di emularlo?

Ogni sassofonista ha dei suoi punti di riferimento e un proprio bagaglio di preparazione che lo contraddistingue. Nel caso di Massimo Urbani questo aspetto è ancora più evidente: il suo sax graffiava quando era il momento, diventava virtuoso e inarrivabile sul registro acuto, ma anche lirico e romantico, intenso e appassionato. Lui aveva un suono profondo e generoso come pochi riuscivano a ottenere. Il suo strumento restituiva ciò che lui era. Ho sempre ascoltato e studiato Urbani. Non ho mai avuto l’onore di poterlo conoscere personalmente, ma rappresenta e rappresenterà sempre un enorme esempio di smisurato talento e infinita musicalità. Posso dire di aver avuto la fortuna e il privilegio di poter condividere musica con grandi jazzisti che hanno suonato tanto con lui e, proprio grazie alla loro musica, la loro esperienza e grande professionalità, cerco sempre di migliorarmi e far il possibile per crescere artisticamente e personalmente.

L’indispensabile presenza e la guida sicura di cinque jazzisti di assoluto livello come Andrea Beneventano, Dario Rosciglione, Gegè Munari, Maurizio Urbani e Stefano Di Battista ti hanno aiutato a interiorizzare meglio lo stile e lo spirito di Massimo Urbani?

Assolutamente sì. Suonare con musicisti di quella levatura sicuramente stimola a dare il meglio. Ti dà grande sicurezza e soprattutto ti dà la possibilità di immergerti completamente nel meraviglioso mondo del jazz. Di Massimo Urbani conosco le incisioni, ho quasi tutti i suoi lavori discografici, lo ho ascoltato e studiato molto   e continuo a farlo.  Ammiro tanto un tratto favoloso del suo temperamento che si percepisce nella sua musica: la generosità del suono e la totale identificazione con il sax. È stato un privilegio assoluto e una grande emozione condividere musica con strepitosi jazzisti per onorare la memoria di una figura così importante e storica come quella di Urbani.

Mentre eri in studio per registrare i brani del CD hai pensato più all’aspetto interpretativo dello stile di Massimo Urbani oppure hai focalizzato di più l’attenzione sull’aspetto squisitamente tecnico del suo sassofonismo?

L’esperienza in studio per registrare questo lavoro, per ricordare e rendere omaggio a Massimo Urbani è stata davvero molto intensa ed emozionante. Ho cercato di esprimere tutto ciò che sono ispirandomi al grande suono, alla profonda anima e alla sua genialità unica. Spero sia stato il modo migliore per ricordarlo a trent’anni dalla sua prematura scomparsa.

Ora, riascoltando il disco a distanza di tempo dall’incisione, ritieni di essere riuscito nell’intento di trasmettere il tuo messaggio artistico attraverso “I Slept in Central Park – A Tribute to Massimo Urbani”?

Spero di sì. Registrare quei brani con il Trio ’93 con i grandi Gegè Munari, Andrea Beneventano, Dario Rosciglione e con due ospiti sensazionali come Stefano Di Battista e Maurizio Urbani, credo sia stato il modo migliore di rendere omaggio a questo fuoriclasse assoluto.

Oltre a presentare l’album il più possibile in giro per l’Italia e magari anche all’estero, qual è l’augurio più grande che fai a te stesso dopo la pubblicazione di questo CD?

Mi auguro che il jazz trovi sempre più ascolto e spazio. E per quanto mi riguarda che riesca a migliorarmi e crescere sempre come uomo e come artista.

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ENRICO SOLAZZO | Perfect Journey https://www.soundcontest.com/enrico-solazzo-perfect-journey/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=enrico-solazzo-perfect-journey Mon, 09 Jan 2023 11:47:59 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=59136 Enrico Solazzo. Può capitare – e spesso capita – purtroppo – che il nome di un artista, al primo approccio, possa non dire granché, specie a un non addetto ai lavori, benché si tratti di un ottimo autore, arrangiatore, strumentista, bandleader e quant’altro. I motivi di questo strano fenomeno sono tanti, dall’incessante martellamento di informazioni […]

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ENRICO SOLAZZO
Perfect Journey
Via Veneto Jazz
2022

Enrico Solazzo. Può capitare – e spesso capita – purtroppo – che il nome di un artista, al primo approccio, possa non dire granché, specie a un non addetto ai lavori, benché si tratti di un ottimo autore, arrangiatore, strumentista, bandleader e quant’altro. I motivi di questo strano fenomeno sono tanti, dall’incessante martellamento di informazioni superficiali che ci affligge purtroppo sempre di più, al proliferare di molteplici proposte, specie nell’ambito dell’intrattenimento, spesso meteore che passano e scompaiono poi rapidamente – create da spinte promozionali più o meno efficaci che non sempre – quasi mai – mettono in evidenza i migliori, i veri portatori di capacità e contenuti ma, più lucrosamente, i soggetti che promettono “spettacolarità” ed efficacia commerciale. Così va il mondo del consumismo, dell’“usa e getta”, anche in ambito artistico e musicale. Ma non accade la stessa cosa “nell’ambiente”. Là, in mezzo ai colleghi, quando bisogna fare musica e farla seriamente, chi è “del mestiere” sa bene e con precisione su chi si può fare affidamento e su chi no. Nel mondo concreto, quello del “fare”, ed è proprio il caso del nostro Enrico Solazzo, succede di aver speso gran parte del proprio tempo, delle proprie energie e impegno, lavorando al fianco e, spesso, “nell’ombra” di artisti più blasonati, e parlo di nomi come Renato Carosone, Franco Califano, Riccardo Cocciante, Claudio Baglioni, Renato Zero, Antonello Venditti, Mario Biondi, Stefano Di Battista, Alex Britti, Nicky Nicolai, Fabrizio Bosso, Francesca Sortino, Biagio Antonacci e tanti altri. Insomma, Enrico fa parte di quella grande schiera di validissimi professionisti, dalle spalle molto larghe, che costituiscono i pilastri portanti del lavoro e del successo dei tanti suddetti front men & women ma, non per questo, gli sono mancate occasioni di partecipazione ad eventi nazionali e internazionali di altissimo livello, dagli italianissimi Umbria Jazz Winter, Festival di Sanremo, in veste di arrangiatore, Primo Maggio di Piazza San Giovanni a Roma, Monza Rock Festival, JVC Jazz Festival Celimontana, ai vari Wien Jazz-Blues Festival in Austria, Abu Dhabi Jazz Festival e Dubai Philips Jazz Festival negli Emirati Arabi, Shanghai Festival in Cina, Sao Paolo Tom Jobim in Brasile, Nice-Juan Les Pins di Cannes in Francia, Zurich Festival in Svizzera e molti altri. E venendo finalmente a questo “Perfect Journey”, album autoprodotto dallo stesso Solazzo assieme a Bruno Franciosa e pubblicato da Via Veneto Jazz, le effettive garanzie sono date dalla stupefacente lista di firme (elencate più avanti) dei colleghi più conosciuti, assimilabili per certi aspetti a quelle che le banche richiedono prima di concedere un fido. Tutti musicisti dal nome più noto di quello di Enrico Solazzo, taluni addirittura veri e propri mostri sacri nel gotha musicale e capisaldi del jazz, che hanno accettato di collaborare partecipando al progetto e mettendoci quindi la faccia. Citerei a solo titolo esemplificativo e senza sminuire in alcun modo tutti gli altri, l’intera “dinastia” dei Rosciglione, Gegè Munari alla batteria, Stefano Di Battista al sax soprano. Il disco è un vero e proprio caleidoscopio, formato dai diversi generi musicali che Enrico ha incrociato e percorso nel suo vastissimo curriculum di esperienze, dai talenti straordinari che si affiancano e si alternano come raramente capita nello stesso disco, dai brani originali, alcuni composti dallo stesso Solazzo da solo o in collaborazione con altri autori, ma anche da pezzi ben noti e conosciuti – e penso a Crazy dei Gnarls Barkley, a September degli Earth Wind & Fire, a Caruso di Lucio Dalla, a Lazy Nina di Donald Fagen – piacevolmente riproposti con arrangiamenti di una singolare originalità che, al tempo stesso, hanno saputo mantenere e rievocare col giusto equilibrio e rispetto le intenzioni degli autori. Un album, inoltre, in cui si ritrovano diversi omaggi alla musica brasiliana e latina, da Algo Azul, di Dario Rosciglione e dello stesso Solazzo, a El Negro Chino di Ruben Rada, e alla stessa Perfect Journey, ma anche citazioni e richiami al soul, al rap, al blues e alla grande song melodica in perfetto stile d’oltre oceano. Per ogni genere sono stati invitati oculatamente i personaggi e i gruppi più azzeccati per rendere al meglio l’atmosfera ricercata. Un disco, insomma, ricco, dinamico e piacevolmente fruibile, capace di sorprendere e soddisfare ampiamente orecchie dai gusti più diversi e variegati.

 

Genere: Latin Jazz, Contemporary Jazz, Blues, Soul, Rap

Musicisti:

Fabiana Rosciglione, voice
Tollak Ollestad, voice and harmonica
Gianni Rotondo, voice
Antonella Vitale, voice
Dynamite MC, voice
Max Calò, voice
Kadir Gonzalez Lopez, voice
Angelo Romano, voice
Lo van Gorp, voice
Max Filosi, flutes and saxophones
Sergio Vitale, trumpet
Enzo De Rosa, trombone
Stefano Di Battista, soprano sax
Paolo Recchia, soprano sax
Baptiste Herbin, alto sax
Chase Baird, EWI and saxophones
Enrico Solazzo, voice, piano, Fender Rhodes, Hammond organ, keyboards, synth and electronics
Antonio Faraò, piano
Stefano Profazi, guitar
Franco Vinci, guitar
Giancarlo Capo, guitar
Antonio Bruno, guitar
Rocco Zifarelli, guitar
Dario Rosciglione, double bass and bass
Giorgio Rosciglione, double bass
Saverio Capo, bass
Francesco Puglisi, bass
Marco Siniscalco, bass
Michel Rosciglione, bass
John Pena, bass and synth bass
Niclas Campagnol, drums
Lele Melotti, drums
Beppe Basile, drums
Stefano Marazzi, drums
Dennis Chambers, drums
Roberto Gatto, drums
Francesco Mendolia, drums
Gegè Munari, drums
Stefano Rossini, percussion
Gumbi Ortiz, percussion
Tony Esposito, percussion

Tracklist:

01. Algo Azur
02. Crazy
03. Deep
04. Angel Eyes
05. El Negro Chino
06. Paint the Picture
07. Perfect Journey
08. Now Then
09. What’s Up
10. Zero Gravity
11. You’re My Thrill
12. September
13. Caruso
14. Lazy Nina

Link:

Via Veneto Jazz

 

 

 

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ROSARIO GIULIANI | Love in Translation https://www.soundcontest.com/rosario-giuliani-love-in-translation/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=rosario-giuliani-love-in-translation Fri, 11 Dec 2020 08:09:31 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=47227 Il festival di Umbria Jazz è stato occasione d’incontro per due grandissimi musicisti di matrice culturale e formazione musicale differente: il sassofonista italiano Rosario Giuliani ed il vibrafonista americano Joe Locke. Il loro sodalizio artistico, iniziato venti anni fa, si è via via evoluto in una grande amicizia e in una preziosa collaborazione, suggellate da […]

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ROSARIO GIULIANI
Love in Translation
VVJazz/Jando
2020

Il festival di Umbria Jazz è stato occasione d’incontro per due grandissimi musicisti di matrice culturale e formazione musicale differente: il sassofonista italiano Rosario Giuliani ed il vibrafonista americano Joe Locke.

Il loro sodalizio artistico, iniziato venti anni fa, si è via via evoluto in una grande amicizia e in una preziosa collaborazione, suggellate da questo lavoro discografico edito da Jando Music e da Via Veneto Jazz nel 2020.

E’ stato proprio il palco della XXVII edizione di Umbria Jazz Winter ad Orvieto che, “chiudendo il cerchio”, ha offerto a questo eccezionale duo – completato dal talentuoso Dario Deidda al basso elettrico e dall’eccezionale Roberto Gatto alla batteria – la possibilità di presentare in anteprima dal vivo i brani che lo compongono.

I pezzi, che non perdono mai d’occhio la tradizione jazzistica, offrendo nel contempo una vincente lettura in chiave contemporanea, rivolgono un sentito e passionale omaggio a 360 gradi, al “sentimento che fa girare il mondo”, l’amore; tributo riuscitissimo, elegante e mai banale, realizzato dal prestigioso quartetto mediante famosi brani standard e pezzi originali.

 

La romantica e struggente Duke Ellington’s Sound Of Love di Mingus apre il lavoro e cede il posto all’elegante ritmo di I Wish You Love dei francesi Trenet e Chauliac, in cui il sax di Giuliani letteralmente avvolge e cattura l’animo, in una spirale di forti emozioni.

Deliziosamente lenta e delicata è Love Letters di Young ed Heyman: passione e qualità artistica si fondono musicalmente per una celebrazione dell’amore di altissimo livello.

Splendida è I Can’t Help Falling In Love With You di Weiss, Peretti e Creatore: la malinconica passionalità del sax di Giuliani dialoga delicatamente con la batteria di Gatto ed il vibrafono di Locke.

Incalzante e cadenzata e a tratti urgente, è Everything I Love di Cole Porter, che cattura l’attenzione ed amplifica l’emozione dell’ascoltatore che ne apprezza la qualità dei suoni e la loro armonica eleganza.

Due sono i brani scritti dal vibrafonista Joe Locke: la ritmata Love is a Planchette e la dolcissima Raise Heaven, un tributo al prematuramente scomparso trombettista americano Roy Hargrove.

Dall’estro creativo di Rosario Giuliani nascono tre pezzi: la romantica The Hidden Force Of Love, impreziosita dai non convenzionali tocchi di basso di Deidda; Love In Translation, che dà il titolo al lavoro, e la struggente Tamburo, omaggio al trombettista Marco Tamburini, anche lui andato via troppo presto.

Che meraviglia, buon ascolto a tutti!

 

Musicisti:

Rosario Giuliani, sax alto e sax soprano
Joe Locke, vibrafono
Dario Deidda, basso elettrico
Roberto Gatto, batteria

 

Tracklist:

01. Duke Ellington’s Sound Of Love
02. I Wish You Love/Que Reste-t-il De Nos Amours?
03. Love Letters
04. Love Is A Planchette
05. I Can’t Help Falling In Love With You
06. The Hidden Force Of Love
07. Raise Heaven (To Roy Hargrove)
08. Love In Translation
09. Everything I Love
10. Tamburo (To Marco Tamburini)

 

Link:

Jando Music

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FRANCESCO FRATINI | The best of all possible words https://www.soundcontest.com/francesco-fratini-the-best-of-all-possible-words/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=francesco-fratini-the-best-of-all-possible-words Tue, 27 Oct 2020 17:37:44 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=46465 Mi piace questo tentativo – riuscito – di jazz in limine, in equilibrio su perimetri sottili, che prende la rincorsa e si avventura, ma ha intorno gli spazi urbani (quelli in copertina: Roma? New York? Universi della mente, certamente anche, a giudicare dal titolo) del grande jazz di ogni tempo. Che non vuol dire mainstream. […]

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FRANCESCO FRATINI
The best of all possible words
Via Veneto Jazz  VVJ132
2020

Mi piace questo tentativo – riuscito – di jazz in limine, in equilibrio su perimetri sottili, che prende la rincorsa e si avventura, ma ha intorno gli spazi urbani (quelli in copertina: Roma? New York? Universi della mente, certamente anche, a giudicare dal titolo) del grande jazz di ogni tempo. Che non vuol dire mainstream. Anzi.

Ma poi – chiedo – in che senso un disco Blue Note degli anni Sessanta, tipo non so “The thing to do” di Blue Mitchell, immaginabilmente, tra tanti altri s’intende,  un archetipo per il talento trentenne che sto provando a presentare, è tradizione e non invece indicatore di traiettorie molte delle quali rimaste senza seguito che poi repentine e felici rimbalzano in un gioiellino come questo “The best of all possible words”?

Ad esempio in Daily quest for love, battuta lenta, tempo binario, ospiti Charlotte Wassy alla voce e il rapper Karnival Kid, prevale l’idea di sconfinamento, di sperimentazione. In questo brano e non solo. Ma senza che ciò abbia il sapore dell’operazione a tavolino: la musica fluisce con naturalezza, con la consapevolezza di chi ha radici e ispirazione.

Al suo debutto, il trombettista Francesco Fratini firma un album che convince. Con una tavolozza strumentale dal fascino praticamente insuperabile – il quartetto con piano contrabbasso e batteria, con Domenico Sanna, Luca Fattorini e Matteo Bultrini – che si arricchisce del contributo in quattro brani del sassofono contralto di Daniele Tittarelli (da brividi la ‘coolness’ del suo assolo nella splendida Mente locale). E con una freschezza e un’inventiva ravvisabili in ogni singolo brano, con una capacità di suono e di solismo, da parte del leader, pari a quella compositiva – che bello però che Fratini recuperi anche l’altissima Buffalo Wings di Tom Harrell -, pari a quella di dare alla sua musica direzioni così precise. E al tempo stesso così aperte e fluenti.

 

Musicisti:

Francesco Fratini, tromba
Domenico Sanna, pianoforte
Luca Fattorini, contrabbasso
Matteo Bultrini, batteria

Tracklist:

01. All Is for the Best in the Best of All Possible Worlds 6:13
02. Ragazzacci 5:37
03. 163, Humboldt Street 7:24
04. Mente Locale 5:58
05. Daily Quest for Love 5:40
06. Awakening 3:01
07. Brooklyn Bound 7:57
08. Slalom G.R.A. 5:21
09. Buffalo Wings 7:32
10. Cecilia’s Way 6:04

Link:

Via Veneto Jazz

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